La misericordia verso i bisognosi è un impegno concreto che i cristiani sono chiamati a vivere e testimoniare quotidianamente.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci insegna che la giustizia sociale è un aspetto centrale della carità cristiana: «La carità edifica la giustizia» (CCC, 1944). Il cristiano è chiamato a dare testimonianza dell’amore di Dio non solo con parole, ma soprattutto con le azioni, rispondendo alle necessità dei poveri, degli affamati, degli afflitti. L’atteggiamento di chi rifiuta di aiutare o di ignorare i bisognosi è considerato un peccato, perché contraddice l’amore che siamo chiamati a vivere.
La riflessione di oggi: non essere indifferenti
La liturgia delle Ore oggi ci offre un brano del Siracide (4,1-4) che ci esorta a non ignorare i bisogni del povero e a non essere indifferenti verso chi si trova in difficoltà: “Figlio, non rifiutare il sostentamento al povero, non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi. Non rattristare un affamato, non esasperare un uomo già in difficoltà. Non turbare un cuore esasperato, non negare un dono al bisognoso. Non respingere la supplica di un povero, non distogliere lo sguardo dall’indigente. Da chi ti chiede non distogliere lo sguardo, non offrire a nessuno l’occasione di maledirti”.
Il testo invita a un atteggiamento di solidarietà e compassione, riflettendo una delle più alte virtù cristiane: la carità. La Chiesa Cattolica, nel suo Catechismo, sottolinea l’importanza di queste virtù come parte integrante della vita cristiana. La carità, infatti, è considerata la più grande delle virtù, poiché «l’amore di Dio e del prossimo è il fondamento della legge» (CCC, 2055).
Le Sacre Scritture offrono molti passi che esortano alla carità, come in Matteo (25,31-46), dove Gesù afferma che ciò che facciamo per i più piccoli e poveri lo facciamo per Lui stesso. L’insegnamento in Siracide è chiaro: non dobbiamo far passare inosservati i poveri, non dobbiamo voltare loro le spalle, ma piuttosto dobbiamo rispondere con generosità al loro bisogno, affinché «non offrire a nessuno l’occasione di maledirti» (Sir 4,4).

Chi sono i poveri
La Carità non è solo un aiuto materiale, ma implica anche un ascolto attento, una sensibilità nei confronti delle difficoltà altrui. L’esortazione a non «turbare un cuore esasperato» (Sir 4,3) si riferisce alla necessità di non aggiungere dolore a chi è già sofferente, ma piuttosto di portare conforto e sostegno. Conforto e sostegno che, spesso, si possono donare con un semplice sorriso od un fermarsi e girare la testa verso chi ci sta “dicendo qualcosa”.
Questo passo ci invita a riflettere sulla nostra vita quotidiana e su come ci poniamo verso gli altri, il nostro prossimo. I poveri, i bisognosi gli affamati gli indigenti sono figure metaforiche di chi vive intorno a noi, di chi incontriamo quotidianamente lungo la nostra strada. Metaforiche perché questi bisognosi, affamati, indigenti lo sono spesso spiritualmente e non solo economicamente come il mondo ci spinge a vedere.
È un nostro sguardo, il nostro ascolto, il nostro porsi nell’altro, che può fare la differenza per loro. Un insegnamento che è il fondamento del vivere cristiano troppo spesso offuscato dal nostro correre quotidiano. È la responsabilità che ci deriva dal nostro status di “Battezzati”. Un ruolo che ci ha consegnato la responsabilità di essere sempre pronti, con cuore attento e generoso perché ogni gesto di carità verso il prossimo è un atto di giustizia e di amore verso Dio stesso. E più sono i nostri impegni nella società e maggiore è la nostra responsabilità di essere veri testimoni di questa Carità.