San Artemide Zatti: quando la medicina porta dritto alla santità
San Artemide Zatti è stato un esempio straordinario di amore per il prossimo: una vita vissuta come missione di amore verso i malati.
Ricordiamolo a 74 anni dalla sua dipartita. Nato il 12 aprile 1880 a Boretto, una piccola località nella provincia di Reggio Emilia, fin da giovane, mostrò una predisposizione per la cura degli ammalati e una profonda fede cristiana intimamente legata al suo incontro con la spiritualità salesiana. Un incontro che avrebbe plasmato la sua esistenza.
A soli 14 anni, si trasferì in Argentina con la sua famiglia e, nel 1897, entrò nella Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione. Qui, la sua vita si intrecciò con quella della medicina e della spiritualità, portandolo a diventare un esempio luminoso di santità.
Nel 1897, Artemide entrò in contatto con i Salesiani e, a 17 anni, decise di entrare nel loro seminario a Bahía Blanca. Tuttavia, la sua salute non gli permetteva di proseguire la vita religiosa canonica. In quel periodo, mentre si trovava in uno stato di difficoltà fisica, Zatti visse un’esperienza che segnò profondamente la sua vita. Si ammalò gravemente di tubercolosi e la sua guarigione, considerata miracolosa, fu interpretata come un segno di Dio. In quel momento, Artemide sentì una chiamata forte: avrebbe servito Dio attraverso il servizio ai poveri e ai malati.
Lavorò come infermiere in un ospedale di Viedma, in Patagonia, dove dedicò la sua vita alla cura dei malati, in particolare dei tubercolotici. La sua professione non era solo un lavoro, ma un vero e proprio ministero, nel quale cercava di vedere il volto di Cristo in ogni persona che assisteva. Questo riflette il principio catechistico che invita i fedeli a vedere nel prossimo il proprio Signore: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Matteo 25,40).
La sua dedizione ed il suo amore per i sofferenti lo resero famoso non solo tra i suoi contemporanei, ma anche tra le generazioni future. La tradizione popolare narra di come Zatti fosse in grado di alleviare le sofferenze dei malati semplicemente con la preghiera, ma a quella che potrebbe essere solo una diceria fa specchio la sua reale intercessione post mortem in alcuni casi di guarigione scientificamente inspiegabili.
Artemide Zatti professava una spiritualità profonda, che lo portava a dedicare tempo alla preghiera e alla meditazione. Un uomo che visse la sua fede non solo nella preghiera, ma soprattutto nell’azione concreta, come ci insegna anche l’Apostolo Giacomo nella sua lettera: “La fede senza le opere è morta” (Giacomo 2,26).
Una fede che si manifestava anche nella partecipazione quotidiana alla Messa, che considerava il fulcro della sua vita spirituale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ne sottolinea l’importanza, definendola “il culmine e la sorgente della vita cristiana” (CCC 1324).
Zatti morì il 15 marzo 1951 per un cancro diagnosticato da lui stesso a seguito di una caduta da una scala avvenuta l’anno precedente. Il 14 aprile 2002, Artemide Zatti fu beatificato da Papa Giovanni Paolo II. La canonizzazione avvenne il 4 ottobre 2022, per volere di Papa Francesco, che lo proclamò santo, aprendo la strada alla venerazione ufficiale da parte della Chiesa.
Questi i due miracoli, riconosciuti dalla Chiesa, che hanno contribuito alla canonizzazione di Sant’Artemide Zatti, confermando la sua santità e il suo status di intercessore davanti a Dio.
La vita di Artemide Zatti offre un esempio illuminante di come la professione medica possa integrarsi con la spiritualità. La sua dedizione agli ammalati è un richiamo per tutti noi a vivere il nostro servizio al prossimo come un atto di amore cristiano. Come afferma San Giacomo nella sua lettera: “La fede senza le opere è morta” (Gc 2,26). Zatti, attraverso le sue opere, ha dimostrato che la vera fede si manifesta nell’azione concreta verso il prossimo, specialmente nei momenti di difficoltà e sofferenza.
Un altro aspetto affascinante della vita di Artemide è la sua capacità di unire la scienza e la fede. Zatti non si considerava solo un medico, ma un missionario, un “apostolo della salute”. Questa visione della sua professione è un insegnamento per tutti coloro che operano nel campo della salute; un incoraggiamento a vedere il loro lavoro come un servizio a Dio ed all’umanità. La Chiesa riconosce che “la medicina è un’arte nobile” (CCC 2292), e Zatti ha incarnato questa nobiltà con la sua vita.
Ogni anno, il 13 novembre, la Chiesa celebra la memoria di Artemide Zatti, invitando i fedeli a riflettere sulla sua vita e a trarre ispirazione dal suo esempio. La sua storia è un potente promemoria di come la santità può essere raggiunta anche la quotidianità del nostro lavoro, attraverso l’amore e la cura verso il prossimo, in qualsiasi contesto ci si trovi, rendendo ogni professione una via di santificazione.