Irene, una sedicenne di Roma è uscita dall’oscuro tunnel di una malattia sempre più diffusa ai giorni nostri: l’anoressia.
Dopo aver superato l’anoressia, oggi affronta il suo percorso di guarigione al Bambino Gesù e parla dei suoi sogni. La famiglia, con il sostegno di professionisti, racconta esperienze di speranza e resilienza.
Irene, vive a Roma con i suoi genitori, Luca e Ruena, e la sorellina Ilaria. La sua vita ha subito una svolta drammatica a causa di una rottura sentimentale, che l’ha portata a combattere contro l’anoressia, una malattia che colpisce sempre più giovani. Oggi, Irene è diventata un simbolo di speranza e resilienza, e la sua storia, in occasione della Settimana del fiocchetto lilla, rappresenta un percorso di sfide e rinascita.
La manifestazione dell’anoressia
L’anoressia si è manifestata in modo subdolo nella vita di Irene. “Ho cominciato a rifiutare il cibo per sfuggire a un dolore emotivo. Pensavo di avere tutto sotto controllo, ma in realtà stavo solo affondando”, racconta. Inizialmente, i suoi genitori non si resero conto della gravità della situazione, ma ben presto compresero che qualcosa non andava. La proposta di un percorso terapeutico incontrò lo scetticismo di Irene, che visse un’altalena di emozioni, perdendo peso e ritrovandolo senza mai sentirsi realmente al sicuro.
La crisi e il ricovero
La situazione di Irene è precipitata a ottobre, quando una crisi ha messo a rischio la sua vita. Riconoscere i segnali di allerta non è semplice, e spesso ci si illude di poter controllare tutto. “Non riuscivo più a inghiottire niente”, ricorda. La visita al Pronto soccorso ha rivelato la drammaticità della sua condizione: il suo cuore, un muscolo vitale, stava soffrendo, un chiaro segnale che il corpo non poteva più sostenere quel rifiuto di nutrimento.
Durante il ricovero di 21 giorni, Irene ha iniziato a vedere un barlume di speranza grazie ai medici e alla nutrizionista che la seguivano. “Mi sono sentita accolta e capita. Non ero sola”, dice. L’esperienza del “pasto assistito” e il supporto delle altre ragazze con lo stesso problema hanno acceso in lei un forte desiderio di guarire. La condivisione delle esperienze ha creato un senso di comunità, rafforzando la sua determinazione.

Il ruolo della famiglia e il futuro
Il sostegno della famiglia è stato fondamentale nel percorso di Irene. I genitori, pur vivendo momenti di angoscia e smarrimento, non hanno mai interrotto il dialogo. Ruena descrive quei mesi come un “sequestro”, notando come la malattia avesse trasformato sua figlia in un involucro vuoto. “Era devastante vedere Irene così distante, ma sapevamo che dovevamo lottare insieme”, confessa.
Oggi, Irene frequenta il secondo anno del liceo classico e ha trovato un nuovo scopo nella vita. “Da grande voglio diventare infermiera. Ho visto quanto possa essere importante la presenza di un infermiere nel percorso di un paziente, e voglio fare la differenza per chi si trova in difficoltà come me”.
La storia di Irene è un inno alla vita, alla speranza e alla forza della comunità. La sua testimonianza ricorda che, anche nei momenti più bui, è possibile trovare la luce e ricominciare a vivere. La fede nella guarigione e la determinazione possono guidare anche i cuori più afflitti verso un futuro luminoso.