Il volto di Gesù dalla Sindone all’opera di Bernini: una straordinaria analisi artistica e storica

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Il ritratto di Gesù di Bernini, il “Salvator Mundi”, è custodito nella Basilica di San Sebastiano a Roma.

Realizzato nel 1679, il busto ha una storia travagliata. Recenti studi suggeriscono che Bernini possa aver ritratto Gesù “dal vivo” utilizzando la Sindone come riferimento. La fotografa Daniela di Sarra ha scoperto sorprendenti somiglianze tra il volto della scultura e quello presente sulla Sindone, evidenziando elementi unici nella rappresentazione di Cristo Risorto.

Nel cuore della Basilica di San Sebastiano fuori le Mura a Roma, si trova un capolavoro che racchiude in sé la fede profonda e l’arte sublime di Gian Lorenzo Bernini: il busto del “Salvator Mundi”. Questa scultura, realizzata nel 1679, rappresenta l’ultima opera di Bernini, un artista che ha segnato in modo indelebile il panorama barocco romano. Conosciuto per la sua straordinaria abilità nel plasmare il marmo, Bernini non creò solo un’opera d’arte, ma anche un intenso simbolo di devozione religiosa, che riflette la sua personale fede.

Il busto, che Bernini affettuosamente chiamava il suo “Beniamino”, è un esempio di come l’artista riuscisse a catturare non solo l’aspetto fisico di Gesù, ma anche la sua essenza spirituale. Realizzato in un periodo della sua vita in cui la riflessione sulla fede era centrale, l’opera è stata concepita “per sua devotione”, esprimendo il desiderio dell’artista di rappresentare il Cristo Risorto con tutte le sue sfaccettature.

La storia affascinante del busto

La storia di questo busto è affascinante e complessa. Dopo la morte di Bernini nel 1680, il busto passò nelle mani della regina Cristina di Svezia, una delle sue più care amiche. Dopo la sua morte, nel 1689, l’opera fu donata a Papa Innocenzo XI e successivamente conservata dalla famiglia Odescalchi fino a scomparire dalla vista pubblica nel Settecento. Solo nel 2001, grazie a una ricerca appassionata, il busto fu ritrovato nelle vicinanze delle Catacombe di San Sebastiano, in un convento francescano. Questo ritrovamento ha riacceso l’interesse per l’opera e per il suo significato profondo.

La connessione con la Sindone di Torino

Un aspetto intrigante del “Salvator Mundi” è la sua somiglianza con il volto di Gesù rappresentato nella Sindone di Torino. La fotografa e umanista Daniela di Sarra ha dedicato anni di ricerche a esplorare questa connessione. Nel suo libro “Bernini, il Salvatore e la Sindone”, di Sarra analizza le caratteristiche del busto e le confronta con quelle della Sindone, giungendo alla conclusione che Bernini potrebbe aver realizzato un ritratto “dal vivo” di Cristo. Questa scoperta è stata il risultato di un’accurata analisi visiva e di un confronto tra le immagini, rivelando una sorprendente corrispondenza nei dettagli.

Il significato del gesto della mano

Un altro elemento significativo è l’interpretazione del gesto della mano del “Salvator Mundi”. Questa mano, sollevata in un gesto che molti interpretano come di benedizione, potrebbe in realtà rappresentare il famoso “noli me tangere”, un richiamo al momento in cui Maria Maddalena si avvicina a Gesù risorto. Bernini, attraverso il suo estro artistico, cattura non solo l’immagine di Cristo, ma anche il messaggio profondo del suo messaggio di misericordia e presenza divina.

L’arte di Bernini va oltre la semplice rappresentazione. Egli utilizzò la scultura per esprimere una verità spirituale profonda, conferendo al marmo una vitalità che sembra trascendere il tempo. La sua abilità di ritrattista ha permesso di creare un’opera che non solo rappresenta un’immagine, ma che comunica un’esperienza di fede, un incontro tra l’umano e il divino.

Il volto di Gesù dalla Sindone all'opera di Bernini: una straordinaria analisi artistica e storica
Il Salvatur Mundi e la Sindone – (www.vaticannews.va)

La maestria scultorea di Bernini

La composizione del busto, con i dettagli della pelle e dei capelli, è un chiaro esempio della maestria di Bernini. La scultura, infatti, sembra quasi vibrante, come se fosse capace di parlare. La luce che colpisce il marmo crea un gioco di ombre e luci che evidenzia le espressioni del volto, rendendo il “Salvator Mundi” un’opera estremamente viva e realistica.

La scoperta di Daniela di Sarra ha riacceso l’interesse non solo per il busto stesso, ma anche per il significato più ampio dell’arte di Bernini nel contesto della spiritualità cristiana. Essa invita a riflettere su come l’arte possa essere un veicolo di fede, un mezzo per avvicinarsi al sacro, e un modo per esplorare la complessità della figura di Gesù.

In un mondo dove l’arte e la spiritualità sembrano spesso distanti, il “Salvator Mundi” di Bernini rimane un faro che unisce bellezza e sacralità, invitando chi lo osserva a un’esperienza di contemplazione e riflessione profonda. La sua storia continua a ispirare e a stimolare la curiosità, rivelando quanto possa essere potente l’incontro tra arte e fede.

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