La storia del beato Rosario Angelo Livatino, un magistrato che ha dedicato la sua vita alla giustizia, continua a ispirare chi crede nella legalità e nella dignità della vita umana
Il 21 settembre 1990, Livatino fu assassinato a soli 38 anni dai sicari della Stidda, un gruppo mafioso operante in Sicilia. In quel tragico momento, mentre cercava di scappare, si voltò verso i suoi assassini e chiese: «Picciotti, che cosa vi ho fatto?». Questa semplice domanda racchiude l’essenza della sua vita e del suo impegno per la giustizia. Rifiutò la scorta per non mettere in pericolo la vita di altre persone, incarnando così il concetto di martirio in nome della fede e della legalità.
Il 9 maggio 2021, il beato Livatino venne elevato agli onori degli altari, diventando il primo magistrato nella storia a ricevere tale onore. La sua figura è stata definita dal postulatore della causa di beatificazione, monsignor Vincenzo Bertolone, come un «piccolo Davide contro il Golia Cosa Nostra», sottolineando il coraggio e la determinazione con cui affrontò le sfide della sua professione. Livatino, noto per le sue annotazioni nel diario “Sub Tutela Dei”, rappresenta un esempio luminoso per le generazioni future.
La traslazione del corpo del beato Livatino
Oggi, come disposto dall’arcivescovo di Agrigento, monsignor Alessandro Damiano, e autorizzato dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, il corpo del beato Livatino è stato traslato dal cimitero di Canicattì alla chiesa di Santa Chiara. Questo momento solenne esprime un profondo legame tra la comunità ecclesiale e quella civile, un’opportunità per riflettere sul significato della legalità e della giustizia in un contesto sociale spesso segnato dalla violenza e dalla corruzione.
La comunità di Canicattì, insieme a quella diocesana, ha vissuto con grande fervore questo momento di traslazione. Don Giuseppe Pontillo, delegato episcopale per la traslazione e la ricognizione, ha espresso l’importanza di Livatino per tutti, non solo per i credenti, ma anche per coloro che si trovano lontani dagli ambienti ecclesiali. «La santità di Livatino coinvolge anche gli ambienti laici», ha dichiarato, evidenziando come il suo sacrificio parli a tutti coloro che desiderano un mondo più giusto e onesto.
Un pellegrinaggio di fede
Il percorso della traslazione è stato pensato come un vero e proprio pellegrinaggio. La comunità ha iniziato il viaggio dalla chiesa di San Diego, dove si svolse il funerale di Livatino, fino a raggiungere la chiesa di Santa Chiara. Quest’ultima è stata scelta non solo per la sua capienza, essendo in grado di ospitare più di mille fedeli, ma anche per la sua posizione strategica nella periferia di Canicattì, vicino alla casa in cui visse il magistrato. La scelta di una chiesa moderna, piuttosto che delle più tradizionali chiese del centro storico, rappresenta un segno della volontà della Chiesa di aprirsi a nuove forme di spiritualità e di accoglienza.

Il mausoleo del beato Livatino
Le spoglie del beato Livatino riposeranno all’interno di una cappella, in un sepolcro semplice ma evocativo, realizzato in marmo. Il mausoleo sarà progettato per richiamare il reliquiario che ha viaggiato attraverso diverse città italiane, in un dialogo continuo tra fede e giustizia. Due sbalzi rappresenteranno il Vangelo e il codice penale, elementi che hanno guidato il cammino di vita del beato. Don Pontillo ha sottolineato l’importanza di questo simbolismo, evidenziando come il mausoleo sarà adornato con palme del martirio, un chiaro riferimento al sacrificio di Livatino, ucciso “in odio alla fede”.
Dopo la ricognizione canonica, sarà compito dell’ordinario diocesano stabilire le modalità di esposizione delle spoglie del beato alla venerazione pubblica. Ci sarà la possibilità di esporre il corpo per periodi definiti durante l’anno, permettendo così ai fedeli e ai pellegrini di rendere omaggio a questa figura esemplare di giustizia e legalità.
Il beato Livatino, attraverso la sua vita e il suo martirio, continua a ispirare un messaggio di speranza e di coraggio per tutti coloro che lottano contro l’ingiustizia. La sua traslazione alla chiesa di Santa Chiara rappresenta non solo un atto di fede, ma anche un invito a riflettere su quanto sia fondamentale difendere la legalità e la dignità umana in un mondo che spesso sembra dimenticarle.