Gesù e la donna adultera
Il brano del Vangelo di oggi ci propone l’incontro tra Gesù, una donna, che è accusata di adulterio, ed i farisei.
Questo episodio, purtroppo noto come “la donna adultera”, ci invita a riflettere sul perdono, sulla compassione e sulla condanna, temi centrali della fede cristiana è un potente insegnamento sulla misericordia divina e sul giudizio umano.
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adultèrio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adultèrio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Gesù si trova in un contesto di rigorosa osservanza della Legge mosaica, che prevedeva la lapidazione per l’adulterio (Lv 20,10). Tuttavia, quando gli scribi e i farisei cercano di metterlo alla prova, Lui non si limita a rispondere con una frase verbale, ma si china e scrive sulla terra, un gesto enigmatico che suscita curiosità. Quando infine risponde, afferma: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei” (Gv 8,7). Con queste parole, Gesù smaschera l’ipocrisia di chi condanna gli altri senza riconoscere i propri peccati.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (584) insegna che “il giudizio appartiene solo a Dio” e che “la misericordia di Dio è superiore a ogni colpa” (CCC 1846). Gesù, dunque, non nega la gravità del peccato, ma invita alla riflessione sulla condizione umana di peccato universale, come ricordato da San Paolo: “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Rm 3,23). La condanna non è il primo passo, ma la conversione e il perdono.
Quando, alla fine, Gesù dice alla donna: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11), offre non solo il perdono ma anche una nuova possibilità di vita, in un invito alla conversione e al rinnovamento interiore. Questo passo ci ricorda che il cammino cristiano non è solo un cammino di giustizia, ma anche di misericordia, che porta alla salvezza.