Il Vangelo di oggi 30 Aprile: “Chi fa la verità viene verso la luce”
Il brano del Vangelo di oggi è uno dei testi più profondi e luminosi della Sacra Scrittura, e sintetizza con straordinaria chiarezza il cuore del mistero cristiano.
Parole che sono un autentico faro che guida i cristiani verso la salvezza. Una luce, alimentata dalla fede e dalla speranza, che viene per spazzare via le tenebre del peccato dal mondo e far trionfare l’immenso Amore Misericordioso del Padre verso noi suoi figli.
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.
Gesù, parlando con Nicodemo, svela il piano eterno del Padre: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” (Gv 3,16). Questo “dare” non è solo l’Incarnazione, ma è soprattutto il dono della Croce, supremo atto di amore per la salvezza dell’uomo peccatore (cfr. Rm 5,8).
Come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica: “La Pasqua di Gesù è nello stesso tempo il suo sacrificio pasquale che realizza la redenzione definitiva degli uomini mediante l’‘Agnello che toglie il peccato del mondo’ (Gv 1,29)” (CCC 613). La salvezza, dunque, non viene da un merito umano, ma dalla fede nel Figlio di Dio, accolta con libertà. “Chi crede in lui non è condannato” (Gv 3,18): è una promessa, ma anche una chiamata a rispondere, con tutto il cuore, alla luce della verità.
Questa luce, che è Cristo stesso (cfr. Gv 8,12), è stata rifiutata da molti perché “le loro opere erano malvagie” (Gv 3,19). L’uomo che si abitua al peccato preferisce le tenebre, per evitare che la verità smascheri la sua condizione. Ma la condanna non viene da Dio: essa è auto-inflitta da chi respinge l’amore e la verità. La giustizia di Dio, infatti, è sempre unita alla sua misericordia. Come ricorda il Catechismo: “Dio non vuole che alcuno perisca, ma che tutti giungano alla conversione” (CCC 1037; cfr. 2Pt 3,9).
L’invito di Gesù è rivolto a ciascuno: “Chi fa la verità viene verso la luce” (Gv 3,21). Non si tratta solo di “sapere” la verità, ma di viverla, operando nel bene, secondo la volontà di Dio. Solo così, le opere dell’uomo rifletteranno la luce di Dio, e la vita eterna non sarà una promessa lontana, ma una realtà già iniziata nell’amore.