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Il Trionfo di Cristo

Gesù ha compiuto miracoli, ha zittito gli obiettori, ha insegnato la legge del Vangelo, ha istituito la Chiesa assicurandone la perennità… ma il suo vero trionfo è stato la sua risurrezione. E’ così che ha manifestato in pienezza la sua persona, che ha confermato la sua dottrina, che ci ha salvati dalla morte.

Perché è proprio dalla morte che dobbiamo incominciare. O per meglio dire, dobbiamo incominciare dalla creazione dell’uomo a cui Dio diede un comando dicendo: “Di tutti gli alberi del giardino tu puoi mangiare, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché nel giorno in cui te ne cibassi dovrai certamente morire” (Gen 2,16-17). Sappiamo come l’uomo, disobbedendo a Dio e seguendo le istigazioni di Satana, si è cibato del frutto proibito ed è stato così sottoposto alla morte, senza nessuna possibilità di poterle sfuggire.

Il Nuovo Catechismo, al N. 1008, riassume quello che il magistero della Chiesa ci insegna, basandosi sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione. Ci dice che la morte è entrata nel mondo a causa del peccato, commesso liberamente, ma sotto istigazione del maligno, per cui il demonio ha una particolare responsabilità nella caduta dei progenitori. Sebbene l’uomo possedesse una natura mortale, Dio lo aveva destinato a non morire. La morte fu dunque contraria ai disegni di Dio Creatore ed essa entrò nel mondo come punizione del peccato.

Le conseguenze erano gravissime. Non avremmo mai più avuto l’uomo nella integrità di anima e di corpo, ma solo l’anima sarebbe rimasta immortale. La visione della vita diventava squallida, e tale si dimostrò, perché quasi interamente legata alla terra. Così nell’Antico Testamento: se Dio voleva premiare un uomo giusto, doveva provvedere in questa vita. Sono inconcepibili figure di persone rette, che muoiono giovani. S. Gabriele dell’Addolorata, S. Luigi Gorzaga, S. Teresa di Lisieux, morti a 24 anni, sarebbero stati inconcepibili allora. Perché se una persona era retta e ubbidiva alla legge di Dio, occorreva che Dio la premiasse su questa terra. Aveva quindi da attendersi una vita lunga, prospera, con una lunga discendenza, sì da seguirla fino alla terza o alla quarta generazione. Non esisteva la prospettiva che Dio potesse premiare anche il corpo umano nella vita futura.

Solo nei libri più recenti dell’Antico Testamento vengono aperti i primi spiragli. La risurrezione dei corpi è una conseguenza della risurrezione di Cristo ed è da essa meritata. Perciò viene rivelata da Dio progressivamente. Leggiamo, nei libro dei Maccabei: “Il Re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna. E’ bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l’adempimento delle speranze di essere di nuovo da Lui risuscitati” (2 Mac 7,9 e 14). I farisei e molti contemporanei di Gesù speravano nella risurrezione. Ma è il Signore stesso che la insegna con fermezza. E c’è molto di più. E’ Cristo che risorgendo sconfigge decisamente il demonio, il peccato, la morte. Per cui egli lega la risurrezione alla sua stessa persona: “Io sono la Risurrezione e la vita” (Gv 11,25). Sarà lo stesso Gesù a far risorgere nell’ultimo giorno coloro che avranno creduto in Lui e che avranno mangiato il suo Corpo e bevuto il suo Sangue. E’ vero che tutti risorgeranno, ma “quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna” (Gv 5,29). Per cui il corpo sarà partecipe delle gioie o delle sofferenze dell’anima, secondo quello che sarà il giudizio divino, di premio o di castigo eterno. Il primo frutto della Risurrezione di Gesù è l’Assunzione di Maria.

La Risurrezione di Cristo diventa la discriminante di come indirizzare la nostra vita. Cristo risorto costituisce il fine e la meta del credente: vivere come Lui ha insegnato, imitare Lui e morire con Lui, per risorgere gloriosi come Lui. Paolo, il grande imitatore e predicatore di Cristo, insiste su queste verità e, quasi per assurdo, insiste anche nel prospettare il contrario. “Se Cristo non è risorto è inutile la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Se avessimo speranza in Cristo solo in questa vita, saremmo i più miserabili di tutti gli uomini. Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo perché domani moriremo. Ma Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che dormono. Poiché se per un uomo (Adamo) venne la morte, per un uomo (Cristo) c’è anche la risurrezione dai morti” (I Cor 15,17-32).

E’ molto importante notare come, per merito di Cristo, i nostri corpi risorgeranno, e risorgeranno gloriosi come il suo, incorruttibili e immortali. Già l’Antico Testamento ci presenta qualche miracolo di risurrezione. Ancor più il Vangelo. Ma non hanno niente a che vedere con la risurrezione finale. Quando, ad esempio, Gesù risuscita Lazzaro, vediamo che Lazzaro ritorna a vivere col suo corpo passibile e mortale; e poi morirà. La stessa cosa si può dire per tutte le altre risurrezioni. Io preferirei chiamarle con un altro nome: le chiamerei “riviviscenze miracolose” perché quelle persone riprendono il cammino della vita mortale, sia pure in modo miracoloso, perché erano già morte. Invece la risurrezione finale sarà tutta un’altra cosa, seguendo le orme del Cristo risorto; sarà una risurrezione definitiva.

In conclusione, Gesù ha assunto la nostra natura umana, unendola alla sua persona divina. Si è fatto in tutto simile a noi, eccetto il peccato. Ha accettato tutti i limiti umani di fatiche, di incomprensioni, di tentazioni del demonio, e perfino la morte corporale. Ma per terminare con la risurrezione gloriosa a rendercene partecipi, come ci ha reso partecipi della sua natura divina. Perciò il cristiano non ha più paura della morte sapendo che Cristo risorto lo attende per renderlo partecipe della gloria del Cielo.

Don Gabriele Amorth

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Redazione