Scontri ad Haiti (www.vaticannews.va)
Haiti è in crisi. Il presidente della transizione, Fritz Alphonse Jean, ha dichiarato al mondo: «Siamo in guerra».
Le parole evidenziano il clima di violenza e instabilità che pervade l’isola caraibica. Recentemente, la coalizione di gang conosciuta come Vivre Ensemble ha lanciato un attacco al sobborgo di Mirebalais, a circa sessanta chilometri dalla capitale Port-au-Prince, prendendo il controllo della cittadina e seminando il panico tra i suoi 200.000 abitanti. La violenza ha già causato la morte di cinque persone, tra cui due suore dell’Ordine di Santa Teresa, la cui scomparsa ha suscitato indignazione e tristezza nella comunità cristiana locale.
Le violenze a Mirebalais non sono un evento isolato, ma una reazione alle recenti operazioni del Consiglio di transizione, mirate a combattere il potere delle bande criminali. Le gang hanno assaltato la prigione locale, liberando circa cinquecento detenuti e aggravando ulteriormente il clima di insicurezza. Gli scontri tra le forze di polizia e i membri delle gang hanno portato a un numero elevato di perdite, con almeno trenta banditi uccisi, segno della crescente brutalità della situazione.
Mirebalais ospita l’Ospedale Universitario, il più avanzato del paese, che fornisce assistenza sanitaria a migliaia di persone ogni giorno. La città si trova all’incrocio di due principali arterie stradali, una verso la costa settentrionale e l’altra verso la Repubblica Dominicana, rendendola cruciale non solo per la salute dei cittadini, ma anche per la logistica del paese. La crisi umanitaria in corso ha attirato l’attenzione delle istituzioni internazionali; il segretario generale delle Nazioni Unite ha esortato a un intervento urgente per ripristinare la sicurezza e proteggere i civili.
William O’Neill, responsabile dei diritti umani per le Nazioni Unite ad Haiti, ha descritto la situazione come allarmante, affermando: «Non esistono vie sicure di ingresso o uscita dalla capitale se non in elicottero». Le gang hanno preso il controllo di interi quartieri, perpetrando omicidi e distruzioni indiscriminate di case, scuole e chiese, luoghi che dovrebbero rappresentare rifugi di speranza e comunità.
Le recenti manifestazioni a Port-au-Prince, dove migliaia di persone hanno chiesto le dimissioni del governo, riflettono un malcontento profondo. Le autorità, accusate di incapacità nel garantire la sicurezza, hanno risposto con violenza, alimentando ulteriormente il ciclo di conflitto. Secondo i dati delle Nazioni Unite, più di 4.200 persone sono state assassinate da luglio 2023 a febbraio 2025, mentre circa seimila hanno dovuto abbandonare le proprie case, fuggendo da una realtà insostenibile.
In questo contesto di incertezze e sofferenze, la dimensione spirituale e la comunità cristiana giocano un ruolo cruciale. Le chiese, simboli di pace e unità, devono essere luoghi dove il dialogo e la riconciliazione possano trovare spazio. La fede può rappresentare una luce in una notte buia, offrendo speranza a chi è afflitto dalla violenza e dalla paura. La comunità internazionale è chiamata a non voltare le spalle a questa crisi, ma a impegnarsi attivamente per una soluzione duratura che porti finalmente la pace a Haiti.