Nell’era digitale, i gruppi WhatsApp sono diventati uno strumento comune per la comunicazione tra genitori, specialmente in ambito scolastico.
Tuttavia, un nuovo libro, “Adolescenza 3.0. Interpretare la crisi, curare il disagio” di Cecilia Ferrari e Gianluca Marchesini, solleva interrogativi sulla loro reale utilità e suggerisce che possano avere effetti deleteri per i figli. Questo testo, frutto di anni di esperienza nel campo della psicologia infantile e adolescenziale, affronta le sfide evolutive e psicopatologiche che i giovani affrontano oggi, evidenziando come i gruppi WhatsApp ne rappresentino un aspetto emblematico.
Il libro, che sarà presentato il 28 febbraio alla Libreria Libraccio di Milano, esplora l’impatto dei genitori sulla vita scolastica dei figli. Molti genitori vivono le esperienze scolastiche dei propri figli come una continuazione della propria carriera. Frasi come “Abbiamo un sacco di compiti per domani!” suggeriscono una fusione delle identità genitoriali e filiali, un fenomeno che può portare a confusione di ruoli. La pericolosità di questo comportamento risiede nel fatto che i genitori, involontariamente, possono trasferire le proprie aspettative e pressioni sui figli, impedendo loro di vivere le esperienze scolastiche in autonomia.
Una delle problematiche più evidenti legate all’uso dei gruppi WhatsApp è l’overload comunicativo. I genitori inviano messaggi incessanti riguardo alle scelte educative e le attività scolastiche, creando un ambiente in cui i bambini e gli adolescenti non sono lasciati liberi di affrontare le proprie esperienze. Questo porta a un’invasione dello spazio educativo, privando i ragazzi della possibilità di sbagliare, imparare e crescere attraverso le proprie esperienze.
Le dinamiche familiari sono cambiate radicalmente negli ultimi decenni. Le famiglie moderne tendono a essere più affettive e accoglienti rispetto al passato, dove venivano imposte regole chiare e definite. Oggi, i genitori si sforzano di essere presenti e comunicare le proprie emozioni, ma spesso questa apertura si traduce in una mancanza di confini e autorità.
I gruppi WhatsApp dei genitori, sebbene possano sembrare un modo pratico per rimanere aggiornati sulle attività scolastiche, rischiano di alimentare dinamiche di controllo che possono portare a un’ulteriore dipendenza dei ragazzi dai genitori. Adolescenti che lamentano un’eccessiva sorveglianza si ritrovano a delegare le proprie responsabilità, come il controllo dei compiti, ai genitori stessi. Questo non solo indebolisce la loro capacità di autogestirsi, ma crea anche un legame genitore-figlio che ostacola il processo di crescita e separazione necessario in questa fase della vita.
Inoltre, il costante accesso dei genitori al registro elettronico delle scuole ha privato i ragazzi di quella libertà tipica delle generazioni precedenti. In passato, i giovani potevano nascondere voti e assenze, affrontando le conseguenze delle loro azioni. Oggi, i genitori possono monitorare ogni aspetto della vita scolastica dei propri figli, il che può portare a una maggiore pressione e a un senso di invadenza.
Da una parte, i genitori sentono di dover intervenire per evitare che i propri figli “si schiantino” di fronte a difficoltà e frustrazioni, dall’altra parte, questo comportamento può risultare controproducente. La psicoterapeuta Cecilia Ferrari sottolinea l’importanza di permettere ai propri figli di sperimentare il fallimento e l’errore, affinché possano sviluppare resilienza e capacità di affrontare le difficoltà della vita.
In definitiva, l’analisi proposta nel libro “Adolescenza 3.0” offre spunti di riflessione fondamentali per comprendere come le nuove modalità di comunicazione possano influenzare il benessere dei ragazzi. È essenziale che i genitori, pur volendo essere presenti e coinvolti, si rendano conto dell’importanza di permettere ai propri figli di vivere le proprie esperienze, anche quelle di errore e frustrazione, affinché possano crescere come individui autonomi e responsabili.