Gerusalemme, nuova iniziativa culturale che mira a raccontare la storia della convivenza tra le diverse fedi presenti in questa città sacra.
Parlando con fratel Stefan Milosevich, Superiore della Basilica del Santo Sepolcro, emerge chiaramente l’intento di non ricercare un’identità esclusiva, ma di evidenziare la ricca e complessa condivisione che ha caratterizzato Gerusalemme per secoli, anche nei momenti di conflitto. Questo nuovo polo espositivo, che si va ad affiancare al Museo Archeologico, si troverà all’interno del complesso della Chiesa del Salvatore e sarà dedicato ad Arte e Storia.
Il Museo Archeologico, fondato nel 1902, ha subito un’importante modernizzazione e si trova vicino alla Chiesa della Flagellazione. Fratel Stefan descrive l’iniziativa come un’operazione culturale autentica, un racconto iconico dell’incrocio delle culture e delle tradizioni. La promessa di questo progetto è affascinante: chi visita la Terra Santa trova non solo i luoghi della propria fede, ma anche una testimonianza tangibile delle radici occidentali racchiuse nelle opere d’arte e negli oggetti esposti.
Preparazione del museo e collezione
Attualmente, il museo è in una fase di preparazione, con le sale appena pitturate e pronte ad accogliere opere significative. Un bassorilievo di risurrezione è atteso per l’ingresso del Museo, ma la data di apertura rimane incerta. Fratel Stefan racconta che l’escalation delle violenze in corso dal 7 ottobre 2023 ha costretto la Custodia di Terra Santa a deviare risorse per assistere le vittime, in particolare donne e bambini, di un conflitto che ha molteplici fronti nella regione. La priorità, sottolinea, è sempre stata e rimane le persone.
La collezione del museo include una serie di oggetti, come: brocche, vasi, orci da speziale, farmacopee e registri di medicinali. Questi oggetti raccontano una storia di cura e assistenza. I francescani, fin dal XV secolo, si sono presi cura di chiunque ne avesse bisogno, indipendentemente dalla loro fede o nazionalità. Questo approccio ha permesso di costruire relazioni significative tra comunità diverse, creando tessuti di rapporti che si intrecciano nonostante le tensioni storiche.
Fratel Stefan condivide anche un aneddoto che riflette la realtà quotidiana di convivenza: molti ebrei visitano le cantine dei frati, dove sono conservate tradizionali botti e strumenti di vinificazione. La cultura della vite in Terra Santa affonda le radici nei millenni, ben prima che il vino stesso giungesse in Europa. Durante il periodo romano e bizantino, la Giudea e le città portuali come Ashkelon e Gaza erano rinomate per la produzione di vino. Tuttavia, con il dominio musulmano, la produzione di vino subì un arresto, poiché la legge proibisce il consumo di alcol ai credenti musulmani.

Un simbolo di dialogo
Fratel Stefan sottolinea che, nonostante le sfide, la storia della vinificazione in Israele ha conosciuto un rinnovamento nel XIX secolo, suscitando curiosità per i pezzi di storia perduti. Parlando del vino, egli evidenzia che si tratta di un simbolo di dialogo anche con i musulmani. Durante il periodo ottomano, i frati hanno dovuto ottenere permessi per produrre il vino necessario alla celebrazione della Messa, così come per gestire scuole e altre attività.
Il Museo non si limita a esporre oggetti, ma racconta storie di interazione e rispetto reciproco. Fratel Stefan accenna a centinaia di documenti storici che attestano i legami tra le diverse comunità. Manufatti in madreperla e argento, molti dei quali donati da musulmani che avevano appreso l’arte dai francescani, testimoniano un legame di rispetto e cordialità. Un esempio emblematico è la riproduzione in miniatura del Santo Sepolcro, un’opera che esprime un affetto profondo tra culture diverse.
Tra i tesori del museo, spiccano anche paramenti sacri, come una casula ricamata a mano a Versailles nel XVIII secolo, inviata da un re di Francia ai frati a Gerusalemme. Questo pezzo unico, intessuto con fili d’oro e seta, rappresenta un legame tangibile tra il passato e l’attuale situazione della Terra Santa, dove la bellezza artistica è preservata nonostante le difficoltà.
Fratel Stefan ci invita a riflettere sulla speranza che permea ogni aspetto della vita cristiana, sottolineando l’importanza di rinnovare la fede in vista dell’Anno Santo 2025. La situazione attuale nel Vicino e Medio Oriente è fonte di preoccupazione, ma egli prega affinché si possa trovare presto una via per la pace. Il museo sarà un luogo di incontro per pellegrini e visitatori, un patrimonio da condividere con il mondo intero.