Testimonianze

Esiste il Purgatorio? 2a Parte

2a parte

Verità di fede

La Chiesa ha sempre creduto nell’esistenza del Purgatorio. Dio è Padre e la sua misericordia ci segue oltre la vita.

L’esistenza del Purgatorio ha avuto una prima definizione dogmatica nel Concilio Ecumenico Niceno II, e in quello Ecumenico Fiorentino che precisa: “Definiamo che le anime dei veri penitenti, morti nell’amore di Dio, prima di avere soddisfatto, con degni frutti di penitenza, ciò che hanno commesso od omesso, sono purificate dopo la morte con le pene del Purgatorio e che riceveranno un sollievo da queste pene, mediante i suffragi dei fedeli viventi, come il sacrificio della Messa, le preghiere, le elemosine, le altre pratiche di pietà, che i fedeli sono soliti offrire per i defunti”.

Una seconda definizione viene dal Concilio Ecumenico Tridentino. In uno dei canoni scomunica “chi ritiene che il peccatore pentito, non abbia alcun debito di pena temporale da scontare o in questa vita o in quella futura in Purgatorio, prima che gli siano aperte le porte del regno dei cieli”.

Inoltre “prescrive ai vescovi di vigilare con zelo perché la sana dottrina sul Purgatorio, trasmessa dai santi Padri e dai Concilii sia creduta, conservata, insegnata, predicata ovunque”. L’autorità dei due Concilii Ecumenici, viene richiamata dal Vaticano II che dice: “La fede dei nostri padri circa l’unione con i fratelli, che sono nella gloria celeste o che ancora dopo la morte stanno purificandosi, questo Concilio riceve con grande pietà e nuovamente propone i decreti di quei sacri Concilii” (Lumen Gentium 51).

Idee sbagliate

Nel corso della storia molti hanno scritto sul Purgatorio, il luogo dove si trova, la sua durata, le pene a cui sono sottoposte le anime…

Anzitutto le rivelazioni e le visioni private, comprese quelle di anime privilegiate e di santi, anche se approvate dalla Chiesa, non sono mai verità di fede, quindi si possono accettare o rifiutare.

Certe affermazioni e pitture di anime immerse in un mare di fuoco, continuamente tormentate con sadica crudeltà, sono senz’altro contrari alla verità.

Il fuoco è un’immagine simbolica, biblica, molto usata nella Scrittura, perché serve a purificare, distruggere il male. “Le anime dei giusti”, dice il Signore, “sono al sicuro nelle mani di Dio, nessun tormento li colpirà più… Dio li ha corretti con mano leggera, per dar loro una grande ricompensa… li ha purificati dalle scorie come si fa con l’oro, e li ha accolti come sacrificio”.

Il Purgatorio non è un luogo, ma un modo di vivere, voluto da Dio, per la purificazione e per la salvezza di quanti hanno residui di colpa da espiare.

La morte separa l’anima dal corpo, che si riunirà a lei dopo il Giudizio finale, per partecipare nella persona rinnovata e santificata alla gloria e felicità del Paradiso. Il Purgatorio è pertanto uno stato temporaneo per la purificazione delle anime, necessaria per entrare nel regno dei cieli e partecipare alla vita stessa di Dio. Per noi è impossibile capire questa verità, legati come siamo ai mali e ai beni, allo spazio e al tempo in cui viviamo, per cui pensiamo sempre in base a queste nostre esperienze.

Di conseguenza anche certi modi di dire: “Faccio qui il mio purgatorio, la mia vita è un purgatorio…” non riflettono la realtà della vera sofferenza di queste anime, che non è fisica, ma spirituale e consiste nella privazione della visione beatifica di Dio.

Dolorosa attesa

Cerchiamo di immaginare i sentimenti profondi delle anime chiamate alla purificazione per essere degne di partecipare alla vita beata.

La pena più grande è l’attesa, la separazione dell’incontro con Dio, creatore di tutto e di tutti; con Gesù che ci ha ricolmati di grazie durante tutta la vita; con Maria Santissima nostra avvocata. Con loro in Paradiso ci attendono i Martiri, i Santi, le anime elette che hanno già raggiunto la gloria. Tra questi i nostri parenti, amici, benefattori, tante persone con le quali abbiamo condiviso sofferenze e gioie durante il cammino terreno. L’elemento espiatorio, purificatore è dato da questa dolorosa separazione. Si trovano come un carcerato che, pur sicuro di riconquistare la libertà, è costretto a rimanerne privo; come un ammalato che sta recuperando lentamente la salute. Al termine dell’ultimo conflitto i reduci dai campi di concentramento erano impazienti di tornare a casa. Sovente si cercava di trattenere quanti erano in condizioni disastrose per i patimenti e la denutrizione, per metterli in condizioni di continuare il viaggio. Ma essi rifiutavano con ostinazione: la gioia per la libertà riconquistata, l’ansia di rivedere i propri cari era superiore a ogni invito. Il fuoco purificatore è un’immagine dell’aspirazione di queste anime, bramose di essere liberate dalla colpa per entrare nel regno della nuova vita per cui sono state create. Una sofferenza accettata con coraggio, come il malato che si sottopone a una terapia dolorosa per essere guarito.

La sofferenza purificatrice è dovuta anche al ricordo del male compiuto, al rimorso per le colpe veniali, i doveri trascurati, le mancanze di pazienza, di carità commesse con tanta facilità… Un rimorso tanto più cocente quanto maggiore era la possibilità di fare del bene.

Chi non ha provato il dispiacere, la tristezza di occasioni perdute, imputabili alla nostra trascuratezza? Quanto bene avremmo potuto compiere, per arricchire la nostra vita, quanta carità esercitare con poche rinunce, aumentando i nostri meriti per l’eternità!

Il più grande dolore sarà proprio non essere stati santi come avremmo potuto e dovuto essere.

Antonio M. Alessi

(continua)

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Redazione