Testimonianze

Esiste il Purgatorio? 1a Parte

ESISTE IL PURGATORIO? 1a parte

Un problema per tutti

Una delle verità religiose più dibattute nella Chiesa e più nebulose per i credenti, è l’esistenza del Purgatorio. La morte è la verità più sicura per ogni uomo, sia egli piccolo o grande, dotto o ignorante, ricco o povero. “E’ stabilito, ricorda S. Paolo, che tutti gli uomini devono morire” (Eb 9,27). La fine della vita temporale ci apre a una vita immortale, senza fine, con una duplice soluzione: salvezza o perdizione eterna.

Consolante la certezza che Dio crea ogni uomo per assicurargli, oltre il breve cammino della vita terrena, una vita di felicità infinita. San Paolo assicura: “E’ volontà di Dio che tutti gli uomini giungano alla salvezza”. Siamo chiamati tutti alla salvezza, Dio offre a ciascuno la possibilità di conseguirla, ma essa dipende dalla nostra rispondenza: “Se vuoi entrare nel regno della vita, osserva i miei comandamenti” (Mt 19,17).

“Colui che ti ha creato senza di te, afferma S. Agostino, non ti può salvare senza di te”. Scopriamo come sia difficile lottare contro il male, per la stessa nostra natura ferita dal peccato originale. Il peccato ci insidia costantemente, tanto che “se diciamo di essere senza peccato”, dice S. Giovanni, “inganniamo noi stessi e la verità di Dio non è in noi”.

All’inizio della Messa la Chiesa ci invita a pregare così: “Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni”, tre colpe da cui nessuno, neppure i santi, possono sentirsi esenti. Da questa realtà che ci accompagna durante tutta l’esistenza è facile capire quanto sia importante avere delle idee chiare e sicure sul grande mezzo di purificazione e salvezza che Dio ci concede nel Purgatorio.

Vocazione alla perfezione

Il Paradiso per il quale siamo stati creati esige la perfezione, la santità: “Io sono il Signore vostro Dio, comportatevi come persone sante perché io sono santo”. Al termine della vita sarà Dio stesso a giudicare come ci siamo comportati. “Tutti noi”, dice S. Paolo, “compariremo davanti al tribunale di Cristo per essere giudicati da Lui. Allora ciascuno riceverà quello che gli è dovuto, secondo il bene o il male che avrà fatto nella vita”.

A Gesù che si è incarnato ed è morto in croce, è affidata la sentenza che fisserà la nostra sorte per tutta l’eternità. Lui che ci ha salvato a prezzo di un amore e dolore infinito. Ma chi potrà presentarsi sicuro davanti a Lui che scruta l’intimo dell’anima: pensieri, parole, desideri, intenzioni? “Vi dico, avverte Gesù, come nel giorno del giudizio, tutti dovranno render conto anche di ogni parola inutile che hanno detto”. Ma Gesù è venuto a salvare i peccatori e ci rassicura dicendo: “Il Padre vostro che è in cielo vuole che nessuna persona vada perduta”.

Ecco perché viene offerto a tutti noi un supplemento di purificazione oltre la morte.

Il Purgatorio non lo hanno inventato gli uomini, ma Dio, il suo infinito amore di Padre che vuole tutti salvi, puri, per partecipare alla sua gloria e felicità infinita. La sua realtà scaturisce dalla stessa giustizia infinita di Dio, che non può premiare chi ha ancora da riparare il male commesso, né castigare chi, pentito, è morto affidandosi alla misericordia del Signore.

Il giudizio di Dio

Molti pensano che con la morte tutto sia finito. In realtà la morte è l’inizio di una nuova vita, è il vero “dies natalis”, la nascita a una esistenza che non avrà più fine.

Sovente la morte per chi soffre è una liberazione; per tante persone occorre più coraggio per vivere che per morire. Il vero problema è ciò che ci attende dopo la morte. Lo stesso scettico Montaigne diceva: “Non temo la morte, mi spaventa quello che accadrà dopo”.

Sulla terra non c’è giustizia: spesso la violenza, il sopruso, la prepotenza, l’ingordigia, hanno il sopravvento. Vittime sovente sono i buoni, gli innocenti che non hanno voce e potere per difendersi. Per questo un’esigenza profonda della natura umana, inculcata da tutte le religioni, è un tribunale in cui tutto il male venga rivelato e punito e tutto il bene premiato. Chi ci giudicherà al termine della vita è Gesù, che ci ha amato fino a farsi uomo per diventare nostro fratello, è morto in croce per espiare i nostri peccati, è risorto per assicurarci che anche noi risorgeremo a vita immortale.

Un giudice sapientissimo, che non può errare, scruta e giudica non solo le azioni, ma anche le intenzioni che guidano le nostre scelte. Giudice giustissimo che non si lascia ingannare dalle apparenze, né corrompere da alcuno. Giudice potentissimo nell’applicare il suo verdetto, premiando o castigando. Nulla e nessuno può sfuggire alla sua sentenza: ogni pensiero, ogni parola, ogni azione è segnata nel libro della vita in attesa della sentenza. Ci dona grande consolazione la certezza che ogni colpa commessa, se pentiti, viene prontamente perdonata, cancellata.

Il giudizio divino, nell’istante della morte, avrà una triplice sentenza: condanna definitiva per chi avesse rifiutato fino all’ultimo momento il perdono e la salvezza che Dio offre a tutti; il Paradiso a chi avrà osservato costantemente la sua legge. Per quanti fossero morti con colpe veniali o residui di pena da espiare, Gesù offre un periodo di espiazione e purificazione nel Purgatorio. Al termine del mondo il grande giudizio finale per tutti: “Alla voce dell’Arcangelo, al suono della tromba di Dio, il Signore scenderà dal cielo e allora quelli che sono morti credendo in Lui risorgeranno… e da quel momento saranno sempre con il Signore” (Ts 1,16-18).

Credenza universale

In tutte le grandi religioni e nelle varie culture, si è sempre creduto in un luogo di purificazione dove i morti possano espiare il male commesso durante la vita.

Grande cantore del Purgatorio è stato il nostro massimo poeta Dante Alighieri. Nella “Divina Commedia” descrive la trilogia dell’aldilà: Inferno, Purgatorio, Paradiso, dove descrive le attese e le credenze dell’umanità.

Il Purgatorio è formato da una montagna a sette cerchi dove si espiano i setti peccati capitali: orgoglio, invidia, collera, pigrizia, avarizia, gola, lussuria. Cerchi e sofferenze diminuiscono man mano che si sale verso la vetta, il Paradiso. Inizia così: “Canterò in quel secondo regno – dove l’umano spirito si purga – e di salir al cielo diventa degno” (Purg. 1,4-6)

Verità di fede

La Chiesa ha sempre creduto nell’esistenza del Purgatorio. Dio è Padre, la sua misericordia ci segue oltre la vita.

Il dogma del Purgatorio ha avuto una prima definizione dogmatica nel Concilio Ecumenico Niceno II, in quello Ecumenico Fiorentino che precisa: “Definiamo che le anime dei veri penitenti, morti nell’amore di Dio, prima di avere soddisfatto, con degni frutti di penitenza, ciò che hanno commesso od omesso, sono purificate dopo la morte con le pene del Purgatorio e che riceveranno un sollievo da queste pene, mediante i suffragi dei fedeli viventi, come il sacrificio della Messa, le preghiere, le elemosine, le altre pratiche di pietà, che i fedeli sono soliti offrire per i defunti”.

Una seconda definizione viene dal Concilio Ecumenico Tridentino. In uno dei canoni scomunica “chi ritiene che il peccatore pentito, non abbia alcun debito di pena temporale da scontare o in questa vita o in quella futura in Purgatorio, prima che gli siano aperte le porte del regno dei cieli”.

Inoltre “prescrive ai vescovi di vigilare con zelo perché la sana dottrina sul Purgatorio, trasmessa dai santi Padri e dai Concilii sia creduta, conservata, insegnata, predicata ovunque”. L’autorità dei due Concilii Ecumenici , viene richiamata dal Vaticano II che dice: “La fede dei nostri padri circa l’unione con i fratelli, che sono nella gloria celeste o che ancora dopo la morte stanno purificandosi, questo Concilio riceve con grande pietà e nuovamente propone i decreti di quei sacri Concilii” (Lumen Gentium 51).

Idee sbagliate

Nel corso della storia molti hanno scritto sul Purgatorio, il luogo dove si trova, la sua durata, le pene a cui sono sottoposte le anime…

Anzitutto le rivelazioni e le visioni private, comprese quelle di anime privilegiate e di santi, anche se approvate dalla Chiesa, non sono mai verità di fede, quindi si possono accettare o rifiutare.

Certe affermazioni e pitture di anime immerse in un mare di fuoco, continuamente tormentate con sadica crudeltà, sono senz’altro contrari alla verità.

Il fuoco è un’immagine simbolica, biblica, molto usata nella Scrittura, perché serve a purificare, distruggere il male. “La anime dei giusti”, dice il Signore, “sono al sicuro nelle mani di Dio, nessun tormento li colpirà più… Dio li ha corretti con mano leggera, per dar loro una grande ricompensa… li ha purificati dalle scorie come si fa con l’oro, e li ha accolti come sacrificio”.

Il Purgatorio non è un luogo, ma un modo di vivere, voluto da Dio, per la purificazione e per la salvezza di quanti hanno residui di colpa da espiare.

La morte separa l’anima dal corpo, che si riunirà a lei dopo il Giudizio finale, per partecipare nella persona rinnovata e santificata alla gloria e felicità del Paradiso. Il Purgatorio è pertanto uno stato intermedio per la purificazione delle anime, necessaria per entrare nel regno dei cieli e partecipare alla vita stessa di Dio. Per noi è impossibile capire questa verità, legati come siamo ai mali e ai beni, allo spazio e al tempo in cui viviamo, per cui pensiamo sempre in base a queste nostre esperienze.

Di conseguenza anche certi modi di dire: “Faccio qui il mio purgatorio, la mia vita è un purgatorio…” non riflettono la realtà della vera sofferenza di queste anime, che non è fisica, ma spirituale e consiste nella privazione della visione beatifica di Dio.

continua

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Redazione