Nel dibattito contemporaneo, il concetto di dialogo viene spesso distorto in una mera competizione per dimostrare chi ha ragione.
Questo fenomeno è ben riassunto dalla celebre frase attribuita a San Francesco d’Assisi, che Papa Francesco ripete con frequenza: «Predica sempre il Vangelo, e se fosse necessario, anche con le parole». Queste parole ci invitano a riflettere sull’importanza dell’esempio e della testimonianza rispetto alla sterile retorica. In un mondo dove le parole possono facilmente trasformarsi in strumenti di conflitto, l’invito è a privilegiare la vita, l’azione e l’autenticità.
Il vero dialogo e la comprensione
Padre Agostino Gemelli, figura significativa del cattolicesimo e della cultura italiana, ha enfatizzato questo concetto affermando che il conflitto non può mai essere risolto attraverso dispute dottrinali in cui si è più concentrati a difendere le proprie posizioni piuttosto che a comprendere quelle altrui. Gemelli sostiene che il vero dialogo richiede una “simpatia dell’intelligenza”, una capacità di comprensione e accettazione dell’altro che non implica compromessi sulla verità, ma che permette un incontro autentico tra le persone. Questa intelligenza, secondo Gemelli, si manifesta in un amore che spinge a cercare di capire sempre di più, anche quando ciò implica affrontare l’ignoto.
Scoprire o avere ragione
Dashiell Hammett, autore di romanzi gialli, ha espresso un pensiero affine, sottolineando l’esistenza di due modalità di approccio alla realtà: quella che ci porta a voler avere ragione e quella che ci invita a scoprire. Il suo è un richiamo potente alla dimensione della scoperta, che è essenziale per la crescita personale e collettiva. Per aprirci a questa dimensione, è fondamentale coltivare due atteggiamenti essenziali:
- Stupore
- Curiosità
Questi due elementi fungono da motore per una comprensione più profonda della vita e delle relazioni umane.

L’importanza delle domande
La saggezza, come osserva Milan Kundera, deriva dalla capacità di mantenere sempre delle domande aperte. «La stupidità deriva dall’avere una risposta per ogni cosa», afferma Kundera, evidenziando come la ricerca della verità sia un percorso costante e non una meta da raggiungere. In questo contesto, la domanda diventa uno strumento per esplorare e interrogare il mondo, mentre la certezza chiude le porte alla scoperta.
Cormac McCarthy, nel suo romanzo “The Sunset Limited”, offre una riflessione profonda su questo tema: «Un uomo che fa domande vuole conoscere la verità, un uomo che dubita vuole sentirsi dire che la verità non esiste». Qui si delinea una differenza cruciale tra la curiosità genuina e il dubbio nihilista. Le domande, quindi, non devono essere viste come espressioni di incertezza, ma piuttosto come chiavi per accedere a nuove comprensioni e a una maggiore consapevolezza.
Il Papa ha frequentemente ribadito l’importanza delle domande come spazi di crescita e riflessione. Le domande non sono semplici interrogativi; diventano “dimore”, luoghi in cui ci si può fermare e riflettere. Rainer Maria Rilke, in una delle sue poesie più celebri, cattura l’essenza di questo concetto, esortando a rispettare il processo naturale delle cose e a vivere le domande come stanze chiuse a chiave. Rilke invita a non forzare le risposte, ma ad avere pazienza in attesa che la verità emerga nel suo tempo.
In conclusione, l’alternativa tra «avere ragione» e «scoprire cose» non è semplicemente una questione di scelta, ma piuttosto un invito a riflettere su come vogliamo vivere le nostre relazioni e le nostre esperienze. È un richiamo a essere più umani, più aperti e, soprattutto, più curiosi. La saggezza non risiede nelle risposte, ma nella capacità di porsi le domande giuste e di accogliere il mistero della vita con un senso di meraviglia e rispetto.