Cristiani e deportazioni: l’incubo rimane

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Un recente studio ha messo in luce una realtà allarmante riguardo alle deportazioni cristiane negli Stati Uniti.

Secondo un rapporto redatto da un gruppo di vescovi cattolici e leader evangelici, si stima che circa uno ogni dodici cristiani e, in particolare, uno ogni cinque cattolici affronti il rischio di deportazione o vive con qualcuno colpito da questa situazione. Il documento, intitolato “One Part of the Body: The Potential Impact of Deportations on American Christian Families”, è stato reso pubblico il 31 marzo sul sito della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti (USCCB).

La comunità cristiana e il rischio di deportazione

Il rapporto evidenzia l’importanza della comunità cristiana come “un solo corpo”, un concetto descritto dall’apostolo Paolo, dove ogni sofferenza di un membro si riflette su tutti gli altri. Negli Stati Uniti, nonostante la maggior parte dei migranti sia legalmente presente, una parte significativa è vulnerabile a misure di deportazione che possono separare famiglie e compromettere la libertà religiosa di molti. Questo scenario è ulteriormente aggravato dalle dichiarazioni di Donald Trump durante la sua campagna elettorale, quando ha menzionato la possibilità di deportare fino a 20 milioni di migranti.

L’impatto sulle famiglie cristiane

Tra i migranti a rischio ci sono molti cristiani, poiché il cristianesimo è la religione predominante tra i beneficiari di programmi di protezione temporanea. Si stima che entro la fine del 2024 oltre 10 milioni di cristiani negli Stati Uniti siano vulnerabili alla deportazione, e circa 7 milioni di cittadini americani convivono con persone a rischio. Questa rete di vulnerabilità minaccia la stabilità delle famiglie e rappresenta un attacco ai diritti umani e alla libertà di culto.

La deportazione di un membro della famiglia può portare a una disgregazione profonda, e il ritorno nel paese d’origine può significare la rinuncia alla libertà religiosa, garantita dalla Costituzione americana, ma non sempre rispettata in altri stati.

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Sacerdote prega

Programmi di protezione sotto minaccia

Programmi come il Temporary Protected Status (TPS), istituito nel 1990 per proteggere coloro che fuggono da guerre e crisi umanitarie, sono ora a rischio. Attualmente, milioni di persone vivono legalmente negli Stati Uniti sotto questo status, molte delle quali sono cristiane. L’amministrazione Trump ha tentato di revocare il TPS per diversi gruppi, ma alcune misure sono state bloccate da decisioni giudiziarie.

Inoltre, il programma DACA, che protegge i giovani immigrati, è anch’esso sotto minaccia. La cancellazione di questi programmi porterebbe a conseguenze devastanti per le famiglie cristiane, esponendole a deportazioni e separazioni forzate.

L’analisi mette in luce anche il numero significativo di richiedenti asilo, molti dei quali sono cristiani in fuga da persecuzioni religiose. Se le politiche di espulsione dovessero essere attuate come promesso, ci sarebbe un impatto devastante non solo sulle congregazioni cristiane, ma sull’intera società americana.

In un momento in cui la fede e la comunità sono messe alla prova, è fondamentale riflettere sulle parole del Catechismo della Chiesa Cattolica, che ci esorta a “riconoscere la dignità di ogni persona umana” e a “lottare per la giustizia”. La situazione attuale richiede una risposta compassionevole e giusta da parte delle autorità, affinché siano rispettati i diritti di tutti, in particolare di coloro che vivono nel timore di essere separati dai propri cari.

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