Covid, Post Covid e vaccini: la verità che si può dire e quella no
Il dibattito sui vaccini contro il Covid-19 ha generato una profonda polarizzazione dell’opinione pubblica a livello globale, dando vita a reazioni contrastanti tra sostenitori e critici.
Negli ultimi tempi, i media hanno iniziato a mettere in luce il dramma delle persone danneggiate dai vaccini, ma nelle testimonianze che circolano c’è qualcosa che fa riflettere: più le storie sono condivise e meno ci sono attacchi diretti nei confronti dei vaccini stessi. Questa situazione solleva interrogativi inquietanti sul rispetto della dignità umana e sulla libertà di espressione, quasi ci fosse un protocollo non scritto da seguire.
Uno dei casi più significativi è quello di Silvio Calice, un dirigente abruzzese che ha subito l’amputazione di una gamba a causa di un trombo, evento insorto dopo l’inoculazione del vaccino AstraZeneca. La sua storia è stata riportata da un quotidiano locale, ma con un avvertimento implicito: è fondamentale non criticare il vaccino che ha causato il suo dramma. Questo atteggiamento rappresenta una forma di pressione che ignora il dolore di chi ha subito danni e sottolinea la necessità di mantenere un’immagine positiva della campagna vaccinale.
La narrazione dominante tende a glorificare il vaccino come una panacea, un elisir che deve essere difeso a spada tratta. Calice stesso, durante l’intervista rilasciata a La Nuova Bussola Quotidiana, ha affermato di sentirsi favorevole al vaccino, nonostante le conseguenze devastanti che ha dovuto affrontare. È interessante notare come la sua posizione sia influenzata dalla paura di essere strumentalizzato dalla narrativa no-vax, come se esprimere il proprio dolore potesse giustificare una critica al vaccino.
Questa dinamica è preoccupante e riflette un pregiudizio radicato nei confronti di chi ha subito danni da vaccino. Le testimonianze di persone che si sono ammalate gravemente o che hanno visto la propria vita stravolta da reazioni avverse sono ancora troppo spesso ignorate. Queste voci, che chiedono riconoscimento e ascolto, sono frequentemente silenziate, trasformando i danneggiati in fantasmi invisibili, privi di dignità e di un’adeguata assistenza.
Il Comitato “Ascoltami”, fondato da Federica Angelini, si propone di dare voce a queste persone. Gli iscritti, che nel tempo hanno superato le cinquemila unità, non chiedono risarcimenti, ma piuttosto attenzione e ascolto da parte delle istituzioni. Le loro storie di sofferenza e di abbandono, di spese ingenti per cure e di isolamento sociale, devono essere portate all’attenzione di chi ha il dovere di tutelare la salute pubblica.
In un contesto in cui il governo italiano ha finalmente ammesso l’esistenza di effetti avversi da vaccino, rimane fondamentale la richiesta di un dialogo aperto e sincero. Le istituzioni sanitarie dovrebbero impegnarsi a studiare e riconoscere le reazioni avverse, piuttosto che relegare il problema a un angolo buio della discussione pubblica.
Inoltre, la questione dei danneggiati da vaccino non è solo un problema sanitario, ma anche etico e morale. La Chiesa, secondo la tradizione cristiana, ha il compito di prendersi cura dei più vulnerabili, di ascoltare le loro sofferenze e di rispondere con amore e compassione. È essenziale che le istituzioni religiose non si allontanino da questo dovere, ma si pongano al fianco di coloro che chiedono giustizia e riconoscimento.
La ricerca della verità, l’ascolto delle storie e la dignità umana devono essere al centro del dibattito pubblico sui vaccini. Non è solo una questione di salute, ma un imperativo morale e etico che riguarda ciascuno di noi, nella nostra missione di costruire una società giusta e solidale.